Si chiamano Mashrou' Leila e vengono da Beirut. Suoneranno a Milano domenica 9 novembre un mix di influenze folk e rock che è già simbolo di una generazione.
Nati all'American University di Beirut 6 anni fa, il pop globale era nel destino dei M ashrou’ Leila, la prima indie rock band dalla primavera araba. Cantano di libertà e amori oltre i confini, sfidano il sistema con iniziative per preservare la loro credibilità artistica (hanno rifiutato contratti con le etichette discografiche che volevano costruire marketing popolare attorno al loro successo) e arrivano anche in Italia questa settimana.
Il tour della band parte il 6 novembre Mestre (VE) al Teatro Candiani, poi arriva il 7 novembre a Parma al Barezzi Festival e il 9 novembre al Circolo Magnolia di Milano. “La primavra araba è qualcosa di più complicato delle semplificazioni dei media – ci racconta il violinista Haig – che però ha scoperchiato un tappo sulla nostra cultura. Solo grazie alle rivoluzioni vi siete iniziati a chiedere cosa facessero i giovani da quell'altra parte del Mediterraneo”.
E a quanto pare i giovani anche lì adottano il pop per sfuggire alla dura realtà, talvolta repressiva, spesso violenta, dei 20 e passa paesi di lingua araba. “Viviamo ancora a Beirut – dice il cantante Hamed, coraggioso paroliere della band – che a noi pare molto aperta, ma non nascondiamo che si cambia regime da quartiere a quartiere, immaginate cosa succede da città grande a città piccola”.
Il mondo occidentale si è accorto del successo e del potenziale del quintetto, visto che i concerti nelle capitali sono sempre molto affollati. “Ma questa è la prima volta che abbiamo la possibilità anche di esplorare le reazioni del pubblico nelle città più piccole, anche in Italia”, dice Haig che si dichiara piacevolmente sorpreso dall'entusiasmo di un pubblico che in maggioranza non capisce le parole che sente. “Suoniamo per tutti – dice Hamed – e il nostro ambizioso progetto è quello di farci conoscere da un pubblico allargato, sempre in arabo perché è come l'italiano, una lingua musicale e forte in musica. La soddisfazione più grande è vedere il coinvolgimento, e siccome accade già non pensiamo di doverci trasformare in una band di lingua inglese”.
La cover di Get Lucky con Nile Rodgers ( http://www.youtube.com/watch?v=6kd06Ke9JT4 ) funziona proprio perché evoca distanza e vicinanza nello stesso brano. Una sensazione di sicura presa in un mondo globalizzato. “Siamo dei musicisti aggiornati – spiegano – e se usiamo violini o altri strumenti insoliti non vuol dire che viviamo nel passato e vogliamo sposarlo col presente. La musica è universale. Ed è emozionale”.
hanno trapassato tutti i confini valicabili: linguistici, stilistici e mentali. Questa è veramente la musica senza confini? “Ci siamo abituati a tenere concerti in occidente – dice Haig – dove incredibilmente la gente salta e canta senza capire le parole, solo perché trascinata dalla musica ed è questa la sensazione migliore”.