ESCE SUONI TRA IERI E DOMANI
Amedeo Minghi e la potenza della canzone popolare

Il famoso cantautore pubblica un disco di canzoni date in precedenza alle altre voci italiane. E il 30 ottobre farà un happening con i giovani universitari a Roma

Partirà il il 29 novembre all’Arena del Sole di Bologna (con tappe il 21 dicembre al Colosseo di Torino e il 22 dicembre al Teatro Nuovo di Milano) il nuovo tour di Amedeo Minghi. Il cantautore romano ha pubblicato da poco SUONI TRA IERI E DOMANI che è un nuovo progetto editoriale e discografico sotto forma di cofanetto libro e cd che rilegge un periodo d’oro della canzone d’autore della nostra storia.

«Mi è stato suggerito da molti di riappropriarmi di mie canzoni, scritte per lo più in un periodo lontano in cui, fra le altre strade intraprese, c’era anche comporre per altri interpreti – racconta Minghi – Queste canzoni hanno così una nuova vita, eppure mantengono la loro matrice originale perché nate, nello loro essenzialità compositiva, pianoforte e voce. Dietro queste canzoni, mi accorgo, c’è la storia della canzone italiana».

È un momento delicato nella storia italiana, lei come si sente come artista?

Se quelli della mia generazione sono in giro nei teatri per raccogliere i favori del pubblico, significa che c’è ancora bisogno di svago, di canzoni. Ma la situazione, anche musicalmente, è radicalmente differente.

Cosa la colpisce maggiormente?

Quando ho iniziato a Roma, tra gli anni 60 e 70, c’era una vera casa discografica, la Rca che era un incontro di artisti e personalità. Penso a Rita Pavone, Renato Zero, Claudio Baglioni…ora non c’è più niente di quell’atmosfera. Era anche più facile collaborare tra noi, quando non esistevano le equipe chiuse dei cantautori di successo. Ho scritto per molti artisti, da Mina a Mia Martini proprio perché c’era voglia di avere canzoni di spessore.

Ora non succede?

Molto raramente. Se prima veniva Mina da me era perché voleva una canzone di un certo tipo e con delle sonorità. Oggi se si affidano alla creatività di altri, gli artisti vogliono che si faccia un pezzo che suona come loro.

Considera oggi Milano come capitale della musica?

Non credo. Che significa essere al centro della musica? Aspettare che Maria De Filippi sforni nuove facce da mettere sotto contratto? Milano è diventata la capitale di un mondo vuoto, c’è decadimento.

Come si fa fronte a questa discesa?

Mi sono inventato un format che possa dare spazio ai giovani partendo da un repertorio del passato. Il 30 ottobre all’Università Sapienza di Roma ci sarà un evento dove canterò i miei brani e di seguito degli studenti reinterpreteranno le canzoni del mio passato che hanno più amato in chiave diversa. Ci saranno rapper, jazzisti, rockettari. Questo per me è un vero incontro di culture diverse. E mi piace.

Il suo disco raccoglie canzoni date ad altri artisti. Come le è venuta questa idea?

Non volevo fare una celebrazione ma porre una testimonianza concreta di un certo modo di concepire questo mestiere. Ci sono canzoni affidate a grandi voci, come Marcella Bella, Bocelli, Morandi, Ricciarelli che ora sono riproposte con la mia voce.

Ha scritto molto per donne, perché?

Perché storicamente la donna è la musa degli autori. Sono rimasto amico con Mietta, che con Vattene Amore ha avuto un marchio indelebile. L’unico modo per affrontare un successo così è riproporlo sempre nei concerti, perché il pubblico lo vuole ed è una fortuna. Glielo dico anche a lei, anche se so che quell’etichetta non se l’è ancora scrollata di dosso, probabilmente. Ma  è la potenza delle canzoni popolari, restano nell’immaginario.

Pensa che ci siano ancora autori validi in Italia?

Non me ne vengono in mente molti. Io appartengo alla tradizione melodica, quella che permetteva la nascita di canzoni con poche parole ma che fossero memorabili. Riconosco che artisti come Tiziano Ferro hanno talento, ma sono distanti da me, usano moltissime parole. Per me la canzone deve essere chiara, riconoscibile e cantabile.

24/10/2014
Christian D'Antonio - c.dantonio@jobedi.it
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