Cantava la spensieratezza dei 60. Oggi riprende classici americani. E dice: per andare avanti facciamo leva sul nostro saper ricostruire.
Si chiama Masters ed è il disco che Rita Pavone, da sempre, si augurava di riuscire a realizzare: «Lo volevo fare più di 50 anni fa. Sembra paradossale ma è così. Questo è il disco, anelato e desiderato, che io ho tenuto chiuso nel cassetto dei miei sogni per oltre cinque decenni» dice alla presentazione alla stampa del primo inciso in 19 anni, a quasi 9 dall’annuncio del suo ritiro. Per il rientro ha voluto presentare il lavoro sul barcone di un famoso locale milanese sui Navigli: «Questa barca mi porterà fortuna» dice.
Ha scelto il titolo come “matrici” dei nastri che si incidevano una volta ma anche perché lo ha concepito come un omaggio ai suoi maestri, molti dei quali ha conosciuto di persona. Eh sì perché se non sono molti gli artisti italiani viventi che possono dire “volevo farlo 50 anni fa”, non sono altrettanti molti a poter dire di essere stati all’Ed Sullivan Show a Broadway, o nella top 30 di Billboard («anche se con un accento italiano terribile»).
Per Rita si dovrebbe inventare una categoria a parte nel dizionario dell’arte italiana, quella stessa categoria a cui appartengono personaggi immensi come Gianni Morandi o Domenico Modugno. Sono icone di un tempo che non si ripete ma resta nella memoria collettiva come unico e straordinario. Parliamo dell’Italia della ricostruzione che proprio attraverso questi volti ha preso coraggio, e anche voglia di cambiare, muoversi, divertirsi. «Io e Gianni Morandi eravamo i minorenni della canzone – dice oggi – e ci lega un’amicizia forte, per questo vado nel suo programma in tv (su Canale 5 il 7 e 8 ottobre, ndr). Ci sono pochi rapporti forti in questo mestiere fatto di squali e io ho avuto la fortuna di tenere legami speciali». Come Morandi, che esce con un disco di inediti nella stessa settimana, anche la Pavone simboleggia per tutti l'ottimismo e la voglia di farcela. «Sono sicura che l'Italia ce la farà a rialzarsi, ho vissuto il dopoguerra e se siamo usciti da quel baratro...certo oggi vista da lontano (vive in Svizzera, ndr) è abbastanza preoccupante».
La Pavone racconta di essersene scappata in Spagna per fare quello che non aveva fatto mai, nemmeno da bambina, visto che è stata uno dei primi fenomeni baby del nostro star system. «Per anni ho vissuto tra paella e spiagge con mio marito, ma c’era sempre un tarlo, un qualcosa che mi diceva: prima di sparire devo far vedere al pubblico che sono anche altro».
E quell’altro è arrivato: Rita Pavone ha voluto non solo raccogliere ed interpretare 15 cover americane che sono state le ispiratrici di tutta la sua carriera e che l’hanno accompagnata durante tutto il suo percorso artistico iniziato negli anni ’60, ma anche riproporre le medesime 15 cover in versione italiana, con alcune traduzioni curate dalla stessa Pavone - un paio delle quali in collaborazione con il cantautore milanese Dario Gay - e altre curate da autorevoli autori come Franco Migliacci, Lina Wertmuller ed Enrico Ruggeri. Il primo singolo I Want You With Me, arrangiato magistralmente dal giovane produttore Enrico Cremonesi, non ha nulla da invidiare ai pezzi di blasonate star americane. E le radio, anche le più snob «quelle che non mi hanno calcolato per 20 anni» dice lei, se ne stanno accorgendo.