Esce Hide, il disco di Bloody Beetroots. L’artista di Bassano del Grappa a 36 anni si è trasferito a Los Angeles e collabora con i grandi.
Tanino Liberatore, l’illustratore abruzzese famoso in Francia, gli ha disegnato un’immagine a metà tra il mondo dei super eroi e lo street style. E in quel mondo Bloody Beetroots, il talentuoso polistrumentista italiano che è famoso più in America che da noi, si inserisce bene. La copertina illustra il nuovo disco, Hide (“Nascondersi”), che oltre a riprendere il mistero sull’identità dell’artista (non si mostra in pubblico se non mascherato) nasconde, per l’appunto, molto di più. «Volevo riprendere il discorso della quantità abnorme di informazioni che ci sommergono e che a volte fanno venir voglia di sottrarsi al flusso. E poi sono nato a Bassano del Grappa, la commedia di Goldoni è parte della nostra storia». Per un giovane che fa musica electro-punk (ma meglio non etichettarla) dire solo la parola “storia” piò sembrare fuori campo. Invece Beetroots è proprio uno storico, a modo suo, della musica contemporanea: «Ho deciso di prendere il lato più musicale del mio lavoro e smettere di essere solamente un dj. Ho studiato chitarra classica quindi un gusto per la musicalità mi rimane. Ma soprattutto io faccio questo lavoro perché voglio che i giovanissimi sappiano che è un esperimento: preservare la storia della musica. Mi piace far capire che non ci sono degli steccati tra i generi, la musica è tutta degna di essere ascoltata».
L'artista è molto richiesto in America, dove risiede attualmente, ed è pronto a lanciarsi anche in patria, dove resta di nicchia.
In effetti se un rocker di un altro secolo, come sir Paul McCartney, ha accettato di lavorare con un italiano, qualcosa di speciale c’è. «Mi sono approcciato a lui con molta curiosità, ci sono molte sfaccettature nel mondo in cui lavora e parla. Non avevo aspettative volevo solo dialogare con un grande musicista. Poi quando ha iniziato a mettere mano alla musica che facevamo assieme, lo studio di registrazione si è fermato è lì ho capito la sua grandezza. Erano tutti esterrefatti».
Bloody Beetroots, che tradotto vuol dire “Rape Sanguinanti” («l’ho scelto perché su Google non c’era niente di simile e volevo essere ricordato»), si esibirà a Milano l’11 novembre all’Alcatraz.