Gli insulti che il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli ha indirizzato al ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge fanno parte di un sentimento di superiorità di genere e di razza, difficili da accettare nel 2013.
Quello che è stato detto qualche giorno fa della ministra Cecile Kyenge, non si può considerare una svista, un modo di esprimersi brusco, ma che non sottintende nessun intento denigratorio, come alcuni hanno sostenuto e scritto. E’ invece l’esplicitazione di un pensiero profondo, di una cultura che ritiene l’uomo bianco comunque migliore, sia a livello fisico sia, soprattutto, intellettuale.
E se poi sei nera e donna, allora puoi bellamente essere paragonata a un animale: sei in effetti doppiamente inferiore sia a causa della tua razza, sia del tuo genere. Per chi condivide questa opinione è una provocazione che una donna nera, congolese, possa diventare ministro per l’integrazione! Una provocazione alla quale si può rispondere con qualche frase colorita. La frase, che tutti i giornali hanno riferito, rivolta alla ministra Kyenge nasconde proprio questa mentalità, una concezione di superiorità dell’uomo, ancora difficile da sradicare e che è stata base di tanta violenza, di tanta ingiustizia. E’ lo stesso pensiero che porta tanti uomini a usare violenza fisica, verbale e psicologica verso tante donne, spesso loro compagne di vita. Per sentirsi superiori, hanno bisogno di “imporsi”.
E così urlano, inveiscono, violentano fisicamente e psicologicamente: questo li fa sentire potenti, più forti. Forse anche il vicepresidente del Senato ha proferito quella frase sotto l’impulso di un medesimo bisogno? Di sentirsi, denigrando un altro essere umano, donna e nera, superiore e migliore di lei? Non si sa, ma una cosa è certa: proferire certe frasi non rende migliore nessuno.