INTERVISTA A VALERIA TOZZI (CERGAS/BOCCONI)
"Sanità bisogna correre ai ripari, in fretta"

Si fa tanto con poche risorse ma la Regione Lombardia continua a essere un punto di riferimento. Criticità: la presa in carico e i piani di assistenza individuale.

“Lo scenario della sanità nel nostro Paesesi sta modificando velocemente, è per questo che serve una visione di prospettiva. Non occorrono soluzioni tampone,bensì lavorare sul lungo periodo. In questo percorso, centrale è l’attività di dialogo e confronto costante tra istituzioni e chi opera ogni giorno nel mondo sanitario”. La professoressa Valeria Tozzi è la direttrice del Master in Management sanitario dell’Università Bocconi diMilano con lei abbiamo cercato di capire dovesta andando il modello socio sanitario nazionalee, più nel dettaglio, quello lombardo.

“Indubbiamente – spiega la studiosa -  potremmo sintetizzare dicendo che il sistema italiano si caratterizza per grande sobrietà, tant’è che la spesa tra il 2010 e il 2016 è cresciuta dello 0,7% meno del tasso d’inflazione”. Insomma,“si fa tanto con poche risorse”. Ma se quest aè la valutazione generale, più preoccupante diventa lo scenario quando si contrappone la situazione del Nord del Paese con quello del Sud. Qui si evidenzia come a livello di spesa privata sanitaria in Lombardia si spende più del doppio che in Campania (750 euro pro capitecontro poco meno di 300 euro). Ci sono poi elementi di carattere socio demografico da rimarcare. In Italia solo il 36% delle coppie ha figli, mentre c’è un 31% di famiglie mononucleari composte cioè o da anziani o da persone sole.“Questi processi di trasformazione – osserva la professoressa Tozzi – gioco forza si riflettono sulla domanda sanitaria”.

A questo proposito, pensiamo a quello che viene definito come l’indice dipendenza strutturale degli anziani (ossia popolazione con età superiore ai 75 anni). Soprattutto nelle regioni del Sud c’è una sproporzione tra anziani e giovani.

“Questa forchetta nel 2060 rispetto al Nord aumenterà ancora di più: ciò significa un progressivo spopolamento di queste regioni, ma più ancor aun forte indebolimento della capacità reddituale di queste famiglie”. Per non parlare poi di un altro dato allarmante: in Italia ci sono 2 milioni e 800 mila persone non autosufficienti, ma a fronte di questo dato ci sono solo 300mila posti letto garantiti dal sistema sanitario nazionale. Insomma, siamo sull’orlo del precipizio e occorre muoversi per non finire dentro al burrone.

È per questo che secondo l’esperta il tentativo di cambiamento avviato da RegioneLombardia è comunque positivo. “Indubbiamente la nostra regione continua ad essere un punto di riferimento rispetto alle proposte di riorganizzazione del sistema. Quello proposto è certamente un modello assai innovativo, un vero e proprio ‘shock’ a livello sistemico che però richiede tempo”. Perché dietro al passaggio da Asl a Ats così come quello da Aziende ospedaliere ad Asst c’è molto di più di semplici sigle. “Senza dubbio finora l’accompagnamento alle aziende e ai suoi professionisti è stato debole, tanto più rispetto ad un tema delicato qual è quello della cronicità”.

Banalmente, sono mancati anche gli strumenti. Facendo un esempio, per la realizzazione del Pai (ossia i piani di assistenza individuale) sarebbe stato utile poter contare su di un unico gestionale regionale che ad oggi manca. Ma anche qui l’intuizione di ricucire - tramite il nuovo percorso di ‘presa in carico’ la figura di chi si assume la responsabilità di redigere il piano clinico del paziente con chi poi gestisce materialmente a livello logistico organizzativo i diversi passaggi di questo vero e proprio ‘ricettone’ - secondo la docente della Bocconi- è innovativa e concettualmente corretta.

“Certo ora si tratta di capire se andrà a buonfine – aggiunge – c’è poi il rischio di avere un sistema a due velocità, in quanto, certamentei soggetti privati accreditati potranno rispetto al pubblico muoversi più in fretta. Anche perquesto l’esigenza di un sostegno per il pubblico a livello regionale appare ancora più forte”.

“I correttivi li potremo vedere solo cammin facendo. Quello recente, cheha portato a un rafforzamento del ruolo dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, è un primo passaggio. Di aggiustamenti ce ne saranno ancora. Per questo è fondamentale tenere un canale di dialogo costantemente aperto e, soprattutto sostenere le istanze che arrivano dal basso”.

21/11/2018
Fabrizio Valenti
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