REPORTAGE
I riders e gli altri della Gig

 Non ci sono solo i fattorini del cibo, l’economia dei ‘lavori a chiamata’ interessa, solo in Italia, 700 mila persone, per lo più giovani. Le abitudini dei consumatori cambiano e il giro di affari aumenta vertiginosamente. Non così le tutele dei lavoratori: niente ferie o malattia, poca sicurezza, retribuzioni scarse. Su Job di ottobre le storie, i numeri, i commenti.

La gig economy, quella che comunemente è definita l’economia dei “lavoretti” anche se per molti è lavoro vero e proprio,  è una nuova forma di business legato ai servizi. Sono lavoretti on demand, a chiamata, temporanei che ci si può gestire in autonomia (temporale) ma con modalità peculiari. Tutele scarse, nessun piano ferie o malattia, contratti che non impiegano il lavoratore nel modo consono.

In Italia negli ultimi anni i 900mila addetti all’industria persi, sono stati compensati da altrettanti lavoratori nei servizi. Si calcola oggi che i lavori a chiamata nel nostro Paese interessino 700mila lavoratori. Molti di questi, se abitate nelle grandi città, li vedete, giorno e notte, che consegnano a domicilio. Soprattutto cibo “a chiamata” ma in questa macro-aerea sono compresi anche i consegna-pacchi, costantemente in aumento con l’aumento dell’e-commerce.

LE DIMENSIONI DEL FENOMENO - Partiamo dall’enorme flusso di dati che questi lavori di consegna a domicilio fruttano. Gli spostamenti dei corrieri del cibo o di Amazon sono tracciati, si può controllare in quanto tempo consegnano cosa, a chi, dove, geolocalizzando il dipendente ma anche individuando le abitudini dei clienti. Se in un quartiere c’è un’abbondanza di ordinativi di sushi alla sera, secondo voi, questa informazione verrà venduta a qualcuno che ha interesse? E a che prezzo? I lavoratori, e noi tutti clienti, siamo contributori inconsapevoli di questa mappatura, ma non ne guadagniamo nulla. “L’esplosione della consegna di cibo a casa – ci dice Daniele Dodaro di Squadrati, una giovane società di rilevazione dati che per prima a Milano si è interessata al fenomeno – dipende anche dall’abitudine di vivere l’abitazione in maniera diversa . È un punto di incontro di amicizie, che attorno al cibo e alla differente offerta culinaria costruisce una vera esperienza sociale. Per questo i consumi si sono orientati verso cibi particolari, c’è anche il valore della scoperta e delle opportunità che una metropoli offre”.

ABITUDINI CHE CAMBIANO - A Roma è nato il Riders Union, il collettivo di fattorini che lavorano per la consegna del cibo. Di contro, l’Hometainment (intrattenimento casalingo) presuppone che ci sia la cerchia di amici che si riunisce per vedere la tv on demand (tipo Netflix) davanti a un piatto etnico, o addirittura ci si costruisca in casa la propria forma di svago: lo show cooking, il teatro o il concerto nel salone.

Con il boom sono però arrivate anche le proteste. Un gruppo di rider di Foodora a Torino si è vista respingere la recriminazione di veder trasformato il rapporto di lavoro da saltuario ad assunzione vera. I giudici hanno deciso che il rapporto di lavoro è troppo autonomo (per giorni e orari) per definirlo subordinato.

Un altro rider, un egiziano residente a Milano, ha lavorato come consegna di cibo a domicilio per 4 mesi A 17 ore al giorno. Quando ha avuto un incidente la “piattaforma” per cui consegnava lo ha scaricato. Ha chiesto di essere reintegrato ma la legge lo ha fermato. Nemmeno l’uso delle “borse termiche, app e mezzi di proprietà della società”, dice la motivazione è indice di un rapporto stabile.

PIU’CONSEGNANO PIU’ GUADAGNANO – C’è anche un altro aspetto che non è ben conosciuto da chi ordina cibi a casa. I rider sono schedati in base alla loro velocità, capacità di consegna e soddisfazione, solerzia nel rispondere alle chiamate e anche in base a un dato storico. Più consegnano, più l’algoritmo delle app li premia, nel senso che li fa schizzare in alto nelle chiamate. Chi per qualunque motivo, ha dei periodi lenti o di stacco, fatica a tornare nel giro delle consegne.

A Milano, che è la città che più spinge su questo nuovo meccanismo di business, perché evidentemente c’è più richiesta, c’è stato anche un risvolto tragico. Quest’anno un fattorino ha perso una gamba sotto un tram durante l’orario di lavoro. Il collettivo di lavoratori Deliverance Milano ha protestato al Comune: vogliono un contratto nazionale, una paga minima stabilita e un monte ore garantito, un rimborso spese, materiale tecnico a norma, assicurazioni. Perché, dicono, non sono manager di se stessi.

I SOLDI CHE GIRANO – Fin quando non si parla direttamente coi rider, è difficile capire quanto effettivamente guadagnino. C’è chi viene pagato a ore, pochi euro, e poi ha un bonus di consegna per ogni cibo portato a casa del cliente. Anche i guadagni delle società di consegna variano in base ad accordi. Per alcuni ristoranti, su 100 euro di spesa, la parte che va ai gestori di rider può arrivare ai 30 euro. Per loro, invece, mai oltre i 10 euro a consegna, anche se la media è intorno ai 7.

Scorrendo i dati di cui siamo venuti in possesso, possiamo poi asserire che non è detto assolutamente che la maggioranza dei fattorini siano giovani studenti. L’età media arriva fino ai 50 anni e alcuni di loro ammettono di aver abbracciato queste collaborazioni “come primo lavoro”. Un ulteriore conferma che quella di cui vi parliamo, è davvero una nuova economia che riguarda tutti.

I NUMERI

  • 4,1 milioni gli italiani che ordinano cibo tramite le app da cellulare
  • 201 milioni gli euro spesi per il cibo consegnato a casa in Italia nel 2017
  • 7,3 euro in media per ogni consegna vanno al fattorino
  • 16 euro in media per persona il conto del food delivery
  • 330mila ordini solo per McDelivery in un anno
  • 53% dei milanesi ricorre alla consegna di cibo a domicilio una volta a settimana
  • 45% la media italiana di richiesta cibo a domicilio una volta a settimana
  • 38% preferisce cibo a domicilio per serata con amici
  • 76% dei milanesi sceglie consegna per comodità
  • 30-50 anni l’età media dei fattorini

Dati di McDonald’s e Fondazione De Benedetti

15/10/2018
di Christian D'Antonio
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