INCHIESTA
E' il lavoro che fa l'Unione (europea)

Sindacati e Europa, un legame inscindibile. La storia di copertina di Job il Magazine è dedicata a questo argomento con  dati, pareri, esperienze. L'intervista integrale al segretario generale della Ces Luca Visentini. La mappa mondiale dei diritti.

Certo non è un bel vedere quello che si presenta nella gloriosa vecchia Europa, quella dove un tempo era nato il welfare state e dove gli altri venivano a pescare le best practice (le migliori usanze) in ambito lavorativo. I sindacati dei singoli stati dal dopoguerra in poi hanno ottenuto tutele e protezioni inimmaginabili altrove. E ora ci troviamo sulle macerie della più grande crisi degli ultimi 60 anni e faticosamente proviamo a ricostruire. Ruolo fondamentale, i  sindacati europei, riuniti sotto la sigla CES (Confederazione europea dei sindacati), nata nel 1973 e oggi rappresentante 45 milioni di tesserati.

SITUAZIONE ITALIANA - L'Italia è la seconda economia manifatturiera d'Europa, quindi possiede settori all'avanguardia e di primaria importanza, anche dal punto di vista dimensionale. I sindacati italiani ovviamente rispettano questo “peso” nelle istituzioni europee e sono presenti nel dialogo a livello continentale con le altre parti sociali europee (che rappresentano i datori di lavoro) e le istituzioni europee per sviluppare l'occupazione e politiche sociali e macroeconomiche che riflettano gli interessi dei lavoratori di tutta Europa.

Non sono solo i sindacati a doversi unire. Il confronto con il livello di avanzamento delle politiche estere del lavoro, spesso è penalizzante per noi. Il Piano nazionale Impresa 4.0 dovrebbe rappresentare uno stimolo per tutte le aziende comprese le PMI per migliorare la propria competitività, grazie alle diverse misure previste e avvicinarsi agli standard europei. Non basterà però l'acquisto di nuove tecnologie con l'iper e il super ammortamento; le innovazioni tecnologiche senza quelle organizzative non porteranno i frutti sperati.

COSA FANNO I SINDACATI UNITI - Il trattato UE attribuisce alle parti sociali il diritto di formulare proposte legislative proprie, attraverso accordi intersettoriali sulle principali questioni di politica sociale. Le parti sociali hanno già negoziato tre accordi a livello europeo, cui è stata data applicazione, in seguito, tramite importanti direttive europee che fissano diritti essenziali per i lavoratori:

congedo parentale (1996 - rinnovato nel 2009)

lavoro a tempo parziale (1997)

contratto a tempo determinato (1999)

Dal 2002, la CES ha promosso lo sviluppo di un dialogo sociale autonomo fra rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro. Le parti sociali hanno concluso accordi “autonomi” su telelavoro (2002),  stress legato al lavoro (2004), molestie e violenze sul posto di lavoro (2007), mercato del lavoro inclusivo (2010) e anche un quadro d'azione sulla parità fra uomo e donna (2005).

AGENZIA EUROPEA – Il fatto che ci siano 40% di lavoratori atipici in tutta la Ue fa sostenere a molti che le similitudini si fermino qui. Eppure il mondo del lavoro a livello continentale sta per essere rivoluzionato. La Commissione europea ha formalmente presentato la proposta di istituire una nuova Autorità europea del lavoro, che avrà il compito di facilitare la mobilità, ma anche reprimere gli abusi alle regole sulla libera circolazione dei lavoratori. Secondo l'esecutivo comunitario, questa nuova agenzia dovrebbe entrare in funzione nel 2019 per dare ai cittadini e alle imprese informazioni su posti di lavoro, apprendistati, programmi di mobilità, assunzioni e corsi di formazione, indicazioni sui diritti e gli obblighi connessi alla possibilità di vivere, lavorare o operare in un altro Stato membro dell'Ue. Inoltre, l'Autorità dovrà sostenere la cooperazione tra autorità nazionali in situazioni transfrontaliere per garantire che le norme dell'Ue in materia di mobilità - come il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e i lavoratori distaccati nel settore dei servizi - siano seguite.

Passaggio più delicato: l'Autorità potrà fornire servizi di mediazione e agevolare la risoluzione di controversie transfrontaliere, per esempio nei casi di ristrutturazione aziendale che interessano diversi Stati membri.

COORDINARE - Bruxelles sta per affrontare la proposta di facilitare il trasferimento della protezione sociale da un lavoro all'altro. E si sta arrivando anche a un avvicinamento delle situazioni di divergenze mutualistiche e previdenziali. La Ue vuole che sei aree siano coperte in maniera uguale in tutti i paesi membri: disoccupazione, malattia, maternità/paternità, invalidità, pensione, incidenti.

A livello europeo il sindacato europeo (la CES), ha salutato positivamente la proposta della Commissione sulla nuove strategia di politica industriale dello scorso settembre, che mostra segni di convergenza anche con quanto richiamato dalla dichiarazione tripartita del 2016 siglata dalla stessa CES insieme alla Commissione e Imprenditori europei. La missione della CES è quella di creare un'Europa unita fondata sulla pace e sulla stabilità, nella quale i lavoratori e le loro famiglie possano godere pienamente dei diritti umani, civili, sociali e dell'occupazione, nonché di un elevato tenore di vita. Per realizzare questo obiettivo, la CES promuove il Modello sociale europeo, che combina la crescita economica sostenibile con condizioni di vita e di lavoro sempre migliori, la piena occupazione, la protezione sociale, le pari opportunità, dei lavori di qualità, l'inclusione sociale ed un processo decisionale aperto e democratico che prevede la totale partecipazione dei cittadini alle decisioni che li riguardano.

COMMERCIO – Ora però è anche tempo di rafforzare e difendere una politica commerciale equa. La Ces vuole promozione del sistema europeo rispetto ai partner internazionali, di una politica economica che, basata sull’economia reale, privilegi approcci alla domanda ed agli investimenti.

Il pilastro europeo dei diritti sociali, così come le proposte legislative correlate , ad esempio in tema di protezione sociale, sulle condizioni di lavoro, di conciliazione, sono sicuramente un valido strumento per assicurare alti standard sociali e del lavoro.

In recenti documenti, la Ces rilevava come le condizioni di lavoro e salariali in molti stati si fossero fortemente indebolite, specie per effetto della crisi, manifestando casi ad esempio di accordi aziendali non coordinati che in 8 paesi membri offrono remunerazioni totalmente differenti nello stesso settore, oppure a coperture contrattuali inferiori al 35% in 6 Paesi membri, o a meccanismi di estensione contrattuale non operanti o non esistenti in almeno 11 paesi. Ci sono anche percentuali salariali inferiori al 50% sul Pil in 10 paesi che implicano che una gran parte del reddito nazionale non proviene dal lavoro regolare.

04/06/2018
di Christian D'Antonio
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