FACCIA A FACCIA CON LENA GISSI
Un nuovo contratto per una nuova scuola

 Il rinnovo, atteso da anni, non riguarda solo le condizioni dei lavoratori ma l’intero settore dell’istruzione che deve tornare al centro dell’interesse pubblico e delle scelte di governo.

Coinvolge milioni di famiglie, è la prima istituzione con cui tutti si misurano, tra i suoi banchi nascono amicizie, ha il polso di un Paese. Facciamo il punto sul mondo scuola con   Lena Gissi, segretario generale di Cisl scuola che rappresenta docenti, personale Ata, dirigenti scolastici, quindi quelle persone a cui affidiamo il futuro, i nostri bambini, i nostri ragazzi.

1) Quali sono le priorità, oggi, per il sindacato?

In questa fase è scontato che la priorità sia per noi il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Lo attendiamo da anni, e non si possono proprio considerare anni di ordinaria amministrazione. Ridare piena dignità al lavoro nella scuola è l’obiettivo di fondo di un rinnovo che non potrà essere certo risolutivo di tutti i problemi, ma che una prima risposta può e deve darla. Indico due risultati che puntiamo a ottenere: rivalutare le retribuzioni, anche riportando al contratto tutto ciò che per altri canali viene oggi speso con ricadute sul trattamento economico del personale; riportare alla disciplina contrattuale tutte la materie che incidono sulle condizioni di lavoro, in linea con l’intesa del 30 novembre 2016.

2) Come va l'alternanza scuola lavoro?

Oltre l’85% delle scuole ha attivato i percorsi di alternanza scuola-lavoro. In alcune Regioni rappresentano una modalità già consolidata (Molise, Umbria, Emilia Romagna, Piemonte, Friuli Venezia Giulia), altre segnalano qualche difficoltà. In non pochi casi l’alternanza si è limitata al solo modello dell’impresa simulata, perdendo di vista i suoi veri obiettivi. Dobbiamo superare diversi ostacoli di carattere culturale: superare, insomma, quella regola mai scritta e pur sempre applicata che prima si studia e poi si lavora. Dobbiamo riconoscere al lavoro, a tutti i lavori, una dimensione culturale e formativa. Siamo sulla buona strada.

3) A 50 anni da “Lettera a una professoressa” cosa non è cambiato e cosa sì?

Se la scuola italiana per quanto realizza in termini di inclusione e integrazione degli studenti con disabilità è un esempio nel mondo, lo si deve anche alla “provocazione” di don Milani e dei suoi ragazzi, alla loro richiesta di una scuola capace di mettere gli ultimi al primo posto. Non dimentichiamo però che la lezione di Barbiana chiama sì in causa la scuola come sistema, ma soprattutto la figura e il ruolo dell’insegnante, la relazione con l’alunno e con la classe. Il messaggio di don Milani è una vera e propria sfida alla coscienza di tutti e di ciascuno, è decisivo come e forse più di una buona legge e di un buon contratto, che pure restano condizioni assolutamente auspicabili.

4 ) L'idea di un concorso pubblico per insegnare e le graduatorie nelle quali gli insegnanti del sud finiscono sempre al nord con disagi per tutti, non sono idee un po’ superate?

La migrazione da sud a nord in cerca di lavoro non nasce certo oggi, né deriva dai modelli di reclutamento adottati. Sono ben altre e ben più profonde le cause del fenomeno, rispetto al quale mi limito a indicare due direzioni in cui è indispensabile agire: affrontare e risolvere l’emergenza lavoro, problema generale ma davvero drammatico per il sud; ridare al lavoro nella scuola un’attrattività che da tempo ha perduto. Non può ridursi a scelta provvisoria o di ripiego rispetto ad opportunità più gratificanti.

5 ) Le prime tre cose che chiederete al prossimo ministro dell'Istruzione?

La prima, battersi perché istruzione e formazione siano settori di impegno prioritario, e non solo residuale, dell’azione di governo. Riaffermare la centralità del corpo professionale nei processi di riforma della scuola, anche attraverso un forte impegno ad attivare i necessari percorsi di aggiornamento e formazione in servizio; valorizzare le sedi di confronto e negoziato col sindacato, in linea di continuità e coerenza col buon operato che sotto questo aspetto ha caratterizzato l’azione dell’attuale ministra Valeria Fedeli.

6 ) I vostri insegnanti sarebbero pronti a passare da una scuola divisa in classi e indirizzi a un istituto nei quali siano gli studenti a determinare le proprie materie facoltative come succede in Finlandia, Canada, etc.?

Sì perchè non penso vi sarebbero obiezioni di principio a superare l’attuale rigidità dei corsi di studio, del resto nella scuola italiana non sono mai mancati esempi di sperimentazione condotti con serietà e competenza. Certo per realizzare modelli di percorso più aperti e flessibili servono prima di tutto un’adeguata dotazione di strutture e opportunità di relazioni tra la scuola e il contesto in cui agisce: la libertà dello studente di determinare autonomamente i suoi percorsi, fuori da suggestioni spontaneiste, non è il punto di partenza, casomai il punto di approdo di un modello di organizzazione in cui l’esercizio di tale “libertà” va comunque orientato e assecondato, perché si traduca veramente in una realizzazione ottimale delle potenzialità di ciascuno

15/01/2018
di Benedetta Cosmi
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