PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Statali tra riforma e (nuovo) contratto

Viaggio negli enti e nelle amministrazioni dello Stato a Milano e provincia alla presa con vecchi e nuovi problemi. Intanto alla vigilia di Natale è stato rinnovato il contratto, atteso da nove anni, di 250mila dipendenti pubblici.

L’ultima, buona, notizia arriva nella notte tra il 22 e 23 dicembre scorso: dopo nove anni di attesa è stato firmato il nuovo contratto di lavoro di circa 250mila dipendenti pubblici. Poco settimane prima il ministro Marianna Madia aveva firmato lo sblocco, dal primo gennaio 2018, di 50mila assunzioni di precari storici. Un provvedimento che riguarda chi ha maturato tre anni di degli ultimi otto di presenza in un ospedale, un comune, un ente di ricerca o in un’altra delle amministrazioni. Ma ci sono anche molti tagli. L’obiettivo del Governo è ricostruire la fiducia tra cittadini e Stato recuperando risorse per restituirle sotto
forma di servizi, valorizzare i dipendenti pubblici come motore del cambiamento, sostenere lo sviluppo e incentivare l’occupazione. Buoni propositi ma anche tante preoccupazioni su come verranno attuate le ristrutturazioni. Prendiamo il territorio milanese: 380mila imprese, 2 milioni di addetti, un unicum produttivo da Milano a Monza e Lodi. Per verificare il rispetto delle regole ci sono appena 60 ispettori del lavoro. Negli 84 Ispettorati del lavoro sparsi sul territorio nazionale non è che vada meglio. Secondo la Cisl Funzione pubblica, per garantire il servizio minimo, ce ne vorrebbero 200 solo nell’ex provincia di Milano. Il ministero ha disposto 22 nuove assunzioni su scala nazionale.E’ solo un esempio di quanto i propositi siano una cosa e i fatti un’altra.
I TEMPI
Nelle intenzioni del governo i tempi della riforma della PA saranno tre: un primo filone di interventi riguarda il rapporto tra cittadini e la pubblica amministrazione, il secondo punta a rendere maggiormente competitivo il sistema Paese stabilendo tempi precisi e regole certe per le autorizzazioni che le pubbliche amministrazioni
devono rilasciare a chi vuole investire, il terzo attiene alla riorganizzazione dello Stato e, in particolare, ai lavoratori pubblici.

GLI EFFETTI
Come abbiamo visto le contraddizioni non mancano. Un altro esempio: le carceri sono notoriamente sovraffollate e servirebbe più personale piene ma la riforma taglierà fino a oltre 600 poliziotti penitenziari. Incertezza e timore di tagli pesanti anche per i lavoratori del Cnr nonostante la ricerca, a detta di tutti, sia
uno dei presupposti dello sviluppo economico e sociale. Per capire come stanno effettivamente le cose, con l’aiuto di chi ci lavora, abbiamo fatto un giro fra le amministrazioni decentrate dello Stato che operano a Milano e in Lombardia. E le sorprese non mancano.

SENZA RISORSE E ASSUNZIONI NON C'E' INNOVAZIONE

di Giorgio Dimauro - segreteria Fp-Cisl Milano Metropoli

La pubblica amministrazione non può permettersi frustrazioni, rancori, pecche. È purtroppo quello che spesso i dipendenti vivono sulla loro pelle di questi tempi. La qualità del lavoro è direttamente proporzionale alla qualità del servizio offerto. E quindi le pressioni e gli attacchi esterni non fanno svolgere mansioni in serenità. Partiamo da quello che vogliamo che la PA faccia: operazioni di verifiche e controllo, alta qualificazione dei dipendenti.
Il cuore del sistema deve essere il controllo della cosa pubblica e la sinergia tra le varie amministrazioni. Per far questo, non c’è riforma a costo zero. L’efficienza del privato può essere raggiunta solo con l’impiego di risorse. Partendo dalla selezione del personale in modo innovativo e non attraverso graduatorie che vanno avanti per decenni. Penso alla formazione retribuita che è stata sperimentata con successo all’Agenzia delle entrate che ha tenuto a lavoro, dopo un anno, solo i soggetti valutati in maniera eccellente. Passiamo a quello che non va. Specie a Milano, la carenza cronica di personale (sempre in media del 40%) è
frutto sia di una scarsa integrazione di lavoratori provenienti dal sud, sia dalla mancanza di nuove assunzioni. Chi arriva a Milano spesso si sente rigettato da un sistema che rende il dipendente pubblico un soggetto marginale: con lo stipendio di lavoratore dello Stato non è certo facile usufruire di tutti i vantaggi che offre la metropoli più innovativa d’Italia. Per questo vogliamo un welfare integrativo che garantisca alloggi dignitosi e occasioni di arricchimento culturale. Sgombriamo
anche il campo da false credenze come quella che vorrebbe l’equiparazione dipendente pubblico- fannullone: non è vero. E’ solo grazie alla partecipazione dei lavoratori che lo stato sociale sta in piedi ogni giorno. Tra l’altro il contratto di lavoro dei dipendenti pubblici è stato appena rinnovato, nonostante l’inerzia di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Retribuzoni, ordinamento professionale, organizzazione e rapporti sindacali sono i quattro punti caratterizzanti
dell’accordo. A cui va aggiunto, grazie soprattutto alla caparbietà della Cisl, l’allineamento del welfare integrativo pubblico con quello del settore privato. Un indubbio passo avanti che, però, da solo non basta : la macchina amministrativa va migliorata e resa sempre più trasparente per permettere al cittadino di verificare l’effettiva efficacia dei servizi. In questo senso aspettiamo proposte, innovazioni vere, non correzioni di percorso come la riforma Madia, che è lenta, non innovativa e verrà probabilmente ricordata solo per la stabilizzazione di migliaia di precari. Che giudichiamo positiva, ci mancherebbe, ma che non cambia
molto in quanto queste persone erano già parte degli organici. Ci vuole di più, una nuova alleanza cittadino-dipendente pubblico.

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10/01/2018
di Christian D'Antonio
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