La legge 112/2016 è ormai in fase di attuazione e a livello locali sono aperti i bandi per il finanziamento dei progetti. In un convegno e sul numero di Job in distribuzione abbiamo fatto il punto della situazione con particolare riferimento a Milano e alla Lombardia.
Un incontro pubblico il 23 ottobre scorso (di seguito la cronaca, le immagini, le videointerviste) e uno special di Job dedicato all'applicazione della legge 112/2016 meglio come conosciuta come " Il dopo di noi". Una svolta nella legislazione sulla disabilità grave, che ha come primo obiettivo quello di creare le condizion di autonomia per le persone in età adulta che non possono più vivere nella famiglia di origine. Per questo come titolo di copertina abbiamo scelto "Vado a vivere da solo..." proprio per sottolineare la possibilità, oggi più concreta, di costruire, passo per passo, una vita più autonoma e nell'apertura della Storia di copertina "Di casa in casa cresce il Dopo di noi", per evidenziare come la residenzialità, gli appartamenti integrati alla rete dei servizi, sia la soluzione auspicabile e migliore, per le persone interessate, innazitutto, ma anche per le famiglie.
Nel servizo abbiamo raccontato storie di esperienze già attive ancor prima dell'entrata in vigore della legge ma che la 112 rafforza; abbiamo raccolto il parere di esperti (Emilio Rota, presidente di Anfass Lombardia) che hanno partecipato alla costruzione e all'applicazione della legge; esponenti del privato sociale (Umberto Zandrini, presidente di Federsolidarietà di Confcooperative) perchè poi, nella pratica, sono le cooperative a gestire i servizi, soprattutto quelli più innovativa, e rappresentano il tramite, anche fiduciario, tra famiglie e istituzioni. Infine Salvatore Semeraro, direttore del Consorzio Sir, fa il punto sull'attuazione della legge a livello lombardo e milanese (negli allegati, insieme ad altri documenti a partire dal testo della legge, anche il suo intervento completo che, per ragioni di spazio, non è stato possibile pubblicare integralmente sul giornale).
Sul perchè dell'interesse della Cisl, leggete di seguito, la presentazione di Giuseppe Oliva responsabile welfar di Cisl Milano Metropoli
Il sindacato è indispensabile per fare una buona società, stare insieme agli ultimi, nelle periferie, accanto ai giovani, agli immigrati e agli esclusi. Ce lo ha tetto il Papa il 28 giugno scorso prima del nostro Congresso nazionale. Un impegno, quello di “fare una buona società”, che sicuramente è presente nelle origini ideali e culturali della Cisl, che ha ha sempre caratterizzato il nostro operaree che oggi va ribadito e aggiornato. L’interesse per i temi della disabilità, la ricerca di una rapporto sempre più stretto, e soprattutto operativo, con le associazioni e le cooperative del privato sociale è un pezzo del nuovo modo di “fare una buona società”.
I temi della disabilità rappresentano una “frontiera” che sempre Papa Francesco c’invita ad esplorare con l’obiettivo di elevare il livello dei diritti, di efficienza e di
umanità dei servizi pubblici (o comunque di pubblica utilità). Partiamo dall’attuazione della legge sul “Dopo di noi” perché è la novità del momento, perché coinvolge molti di noi personalmente, perché su questo terreno vogliamo misurare la possibilità di una collaborazione fattiva con il mondo del privato sociale che, con competenza e sensibilità, è parte imprescindibile dell’offerta di servizi pubblici. In questo quadro le istituzioni non sono certo la controparte ma, sicuramente, a
volte hanno bisogno di essere sollecitate, soprattutto quando si tratta di scegliere la destinazioni delle risorse a disposizione.
Da parte nostra ci mettiamo quello che abbiamo e sappiamo fare: un sistema consolidato di servizi (previdenza, fisco, badanti, successioni ecc.) per aiutare le famiglie ad orientarsi nel ginepraio della burocrazia; la contrattazione aziendale e territoriale del welfare.
DOPO DI NOI: UNA LEGGE PER UN FUTURO PIU' SERENO - 23 NOVEMBRE 2017 -
“E dopo di noi cosa succede?”. E’ questa l’angosciante domanda che migliaia di famiglie si sono ripetute nel corso di questi ultimi vent'anni. Perché il tema della disabilità per troppo tempo nel nostro Paese è stato declinato secondo una prospettiva esclusivamente sanitaria. Adesso, però, con la legge 112 approvata dal Parlamento nel luglio del 2016, c’è stato un cambio di rotta sostanziale. Un punto fisso, innanzi tutto a livello normativo, da cui partire e che dà speranza ai genitori. Così da uscire da quella ipotesi – spesso l’unica disposizione – di natura strettamente emergenziale che rincorreva la logica del ‘posto letto’. A Palazzo Isimbardi, la Cisl Milano Metropoli ha organizzato un dibattito franco, a tratti serrato. Dove il ‘politichese’ – tranne qualche ‘eccezione’ – ha fatto un passo indietro, per cercare di offrire risposte serie e convincenti – il che non vuol dire sempre facili, perché la strada è ancora lunga nella costruzione di veri 'diritti di cittadinanza' per i disabili – alle famiglie di questi ‘ragazzi’ e a tutto il mondo del privato sociale.
Beppe Oliva, responsabile Welfare della Cisl Milano Metropoli, in apertura, citando il messaggio di Papa Francesco, ha rimarcato il ruolo del sindacato: "E’ nostro compito impegnarci per una società più giusta". Mentre Emilio Didonè segretario della Fnp Cisl Milano Metropoli ha aggiunto: “La legge 112 ha il merito di avere sdoganato e fatto uscire dalla clandestinità il tema della disabilità”.
Un concetto sviluppato da Emilio Rota, presidente di Anffas Lombarda e della Fondazione ‘Dopo di no’, una sorta di ‘braccio armato’ che a livello nazionale da anni porta avanti delle esperienze che, di fatto, hanno anticipato, la 112. “E’ vero – ha spiegato Rota – per troppo tempo, c’è stato un unico approccio, quello del 'modello biomedico'. Ora la 112 toglie un alibi – ha evidenziato – adesso la soluzione al problema c’è. Si tratta di affrontarlo”. Trieste, Mortara, Ragusa alcune esperienze virtuose che Anffas ha condotto in questi anni e che adesso la legge può mettere a sistema.
L’on. Elena Carnevali relatrice del provvedimento ha spiegato: “La legge si poggia su due gambe: da una parte l’asset pubblico con lo stanziamento di fondi strutturali ad hoc, dall’altra parte, la sussidiarietà che viene dalla collaborazione tra enti locali, settore del profit e del no profit”. La Carnevali non ha mancato di sottolineare anche le cose che non funzionano: “Oggi i soggetti riconosciuti con disabilità sono ancora quelli previsti dall’articolo 3 della legge 104. L’Osservatorio nazionale sulla disabilità sta lavorando ad un aggiornamento e poi a livello nazionale c'è ancora parecchia disomogeneità. In Lombardia le cose vanno bene, altrove...”. Quindi, un vero e proprio appello: “Il futuro si costruisce durante la vita”. Perché se la legge in gergo giornalistico è passata, appunto, come quel del ‘dopo di noi’ c’è l’altro pezzo, quello del ‘durante noi’ che non è meno rilevante.
Alberto Fontana, componente della Commissione Beneficenza della Fondazione Cariplo e presidente di Ledha Milano ha sottolineato: “Il fatto di porre al centro l’esistenza di una persona con disabilità è tutto fuor che scontato. Un nuovo percorso di cittadinanza è la base di questa legge”. Che molto si poggia sul ruolo del privato sociale. E qui, non a caso, sono stati citati i 112 laboratori che Fondazione Cariplo ha saputo attivare in questi anni, “vere e proprie palestre di autonomia”.
Pierfrancesco Majorino, assessore al Welfare del Comune di Milano, ha ricordato gli oltre 2 milioni di euro stanziati dal Comune per una platea di 300 potenziali progetti ad hoc. “Una risorsa da cogliere e che va spesa tutta” ha detto. Dopodiché ha ricordato l’impegno della Giunta milanese a realizzare entro la fine del mandato una Fondazione ad hoc dedicata al dopo e al durante noi. “Una cornice di senso dentro alla quale si deve muovere la nostra azione in questi mesi” ha concluso.
Virginio Marchesi, dirigente di Regione Lombardia per il settore Welfare, ha tirato le fila della mattinata di lavoro: “La 112 rompe i vecchi cliché. Sono convinto – ha detto – che questa legge contaminerà i servizi socio sanitari. E’ un cambiamento di paradigma notevole che va nel segno dell’indipendenza e dell’autonomia”. Quindi, Marchesi ha illustrato il lavoro di Regione Lombardia: “Abbiamo fatto un’analisi da cui emerge che dei 29 mila disabili ‘certificati’, almeno 14 mila vivono ancora al proprio domicilio, significativo il fatto che un buon 20% lo diventa dopo un percorso di normalità (per esempio a causa di un grave incidente). Di quei 14 mila almeno 5 mila frequentano servizi diurni. E’ qui – ha indicato Marchesi – che si deve lavorare, perché la realtà del centro diurno non è certo quella che rientra nella filosofia della nuova legge”. Per creare autonomia serve altro. E allora Regione Lombardia ha certo di darsi delle priorità con dei bandi destinati ai diversi ambiti territoriali. “Occorre uscire da quelle belle ma slegate storie private di cui abbiamo sentito parlare anche questa mattina – ha concluso il dirigente regionale – per cercare di mettere a sistema un modello. E’ quanto stiamo facendo. Certo, siamo ben consapevoli che con le risorse attuali potremo rispondere ai bisogni di qualche migliaio di utenti. Ma il tema – ha concluso – non è quello delle grandi disponibilità finanziarie. Semmai, è quello di offrire risposte convincenti ad alcuni, così da stimolare la creazione di servizi migliori per una platea sempre più vasta”. Infine, una riflessione che racchiude tutto lo spirito della 112: “Spesso si dice che le culture possono determinare le leggi, in questo caso è successo l’esatto opposto: una legge che potrà determinare una nuova cultura in materia di disabilità”.
Secondo le stime sono 150 mila le persone che in Italia possono accedere alla legge 112/16, di cui 25 mila in Lombardia.