Malgrado la normativa sia stata modificata l'integrazione è ancora lontana
Accoglienza e rifugiati: Italia ancora all’anno zero

Per Maurizio Bove occorre superare la fase emergenziale. Mentre per Oliva siamo davanti ad un fenomeno irreversibile, che va gestito con senso di responsabilità da parte di tutti gli attori in campo

Nel nostro Paese sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza dobbiamo fare i conti con una legislazione ancora poco organica, a tratti ancora emergenziale. Si lavora sulle ondate di profughi senza occuparsi ancora in modo più approfondito della questione”.

E’ questo il parere di Maurizio Bove , responsabile immigrazione e presidente dell’Anolf Cisl Milano Metropoli. “Oggi qualche passo in avanti lo abbiamo compiuto. Per esempio, nel corso degli ultimi anni sono aumentate in numero le Commissioni Territoriali deputate a decidere sullo status dei richiedenti asilo e, inoltre, si sta cercando di fare passare, anche se faticosamente, un concetto di corresponsabilità secondo il quale tutti i territori dovrebbero rispondere, in base alle loro possibilità, al principio d’accoglienza”.

Detto questo, la sensazione (e non solo) che i tempi per l’espletamento delle verifiche per la condizione di rifugiato siano ancora lunghi, troppo lunghi, così come si registra una difformità nei criteri di valutazione delle istanze dei richiedenti asilo non solo tra l’Italia e gli altri Paesi della Comunità Europea, ma addirittura tra una Commissione e l’altra. “In attesa di una riforma strutturale della normativa, a partire dalla modifica degli accordi di Dublino - evidenzia Bove – diventa nel frattempo importante agire subito sul profilo dell’integrazione. Sennò rischiamo di avere degli ‘invisibili’ che faranno fatica a diventare parte del nostro tessuto sociale”.

Dunque, non solo corsi di alfabetizzazione e di educazione civica, ma anche un inserimento lavorativo reale , visto che oggi, comunque, la normativa prevede che a distanza di 2 mesi dal suo arrivo, l’immigrato possa lavorare regolarmente.

A questo proposito, ANOLF insieme a CISL e a FISASCAT ha predisposto un’azione pilota che inserisce all’interno di un progetto europeo in fase di approvazione che si occupa d’integrazione di rifugiati e richiedenti asilo. Il tassello centrale di questo progetto è appunto, l’integrazione lavorativa, che passa oltre che dai corsi di alfabetizzazione, anche da quelli di perfezionamento tecnico, in grado di far emergere le competenze di queste persone.

Dopodiché, attraverso la sottoscrizione di accordi con enti bilaterali , per lo più nel settore del turismo e dei servizi, vengono avviati dei tirocini aziendali. Il progetto inizialmente dovrebbe coinvolgere una cinquantina di soggetti che intendono successivamente, fermarsi nel nostro Paese. “ Ma l’obiettivo – evidenzia Bove – è la “replicabilità” di questa iniziativa con la possibilità di esportarla”. L’altro nodo scoperto della vicenda migranti riguarda le strutture destinate all’accoglienza. “ E’ chiaro che l’ideale sarebbe lavorare su micro gruppi, puntando su di una ospitalità diffusa ed evitando, quindi, le maxi concentrazioni in unico luogo fisico”. Facile a dirsi ma, finora, molto meno a farsi .  E si torna, così, al punto di partenza: vale a dire di una gestione ancora troppo improntata sull’emergenza.

“Eppure – riflette Giuseppe Oliva segretario della CISL Milano Metropoli quello dei nuovi flussi migratori è un fenomeno irreversibile che va gestito con maturità. E’ necessario imparare, facendo tesoro anche delle esperienze negative maturate all’estero”.

Perché il modello non può certo essere quello delle banlieue parigine . E’ essenziale garantire a queste persone un’accoglienza dignitosa. Partire da una situazione iniziale di degrado, vuol dire che poi ne sarà alimentato dell’altro…”. E’ per questo che Oliva indica come modello possibile quello “ in cui ai profughi vengano destinate forme d’accoglienza che prevedano una reale collaborazione da parte delle realtà associative locali così da porre le basi per una concreta integrazione, evitando la nascita di ghetti”. Quindi, l'impiego di queste persone in attività anche socialmente utili come forma di integrazione con il tessuto sociale circostante. In quest’ottica, l’altro punto, su cui anche il Segretario della Cisl Milano Metropoli concorda, è quello della corresponsabilità da parte di tutte le comunità locali: “Con un reale coinvolgimento di tutti i Comuni, senz’altro il fenomeno diventerebbe molto più gestibile, anche in termini numerici. Ma perché ciò sia possibile senza dubbio occorre lavorare molto anche sul piano culturale. Noi italiani dobbiamo comprendere che il problema va affrontato, pensare di chiudere le frontiere o, ancora, di risolvere la situazione nei Paesi d’origine, oggi come oggi, è illusorio oltre che poco serio”.

Fabrizio Valenti

26/06/2016
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