Il caso di un veterinario siriano seguito dalla Cisl. Bove: “Troppa burocrazia, 16 mesi per chiudere la pratica”. Gli articoli di Giorno e Avvenire.
Sate Kasouha, 39 anni, è un veterinario siriano. Nei giorni scorsi ha ottenuto dalla Questura di Milano la cosiddetta “Carta Blu Ue”, il permesso di soggiorno rilasciato agli extracomunitari che svolgono lavori altamente qualificati. Come lui, in Italia sono in pochi: appena 625 persone (fonte Ministero dell’Interno) tra il 2012 (anno del decreto n. 108-28 giugno, che ha recepito la direttiva europea 2009/50/CE) e il 2015 (a fronte di 1.311 richieste).
Il caso del dr. Kasouha fa capire la “miseria” di queste cifre. Come consulente per il Medio Oriente della Doxal di Sulbiate (MB), azienda che produce integratori e farmaci per animali, non aveva mai avuto problemi. Le difficoltà sono cominciate quando, nell’estate del 2014, il datore di lavoro ha deciso di stabilizzarlo. Un passo all’apparenza semplice, in realtà complicatissimo. Perché per assumere un cittadino extracomunitario con profilo elevato, è necessaria la “Carta Blu Ue”. L’azienda ha cercato di ottenerla, ma viste le difficoltà burocratiche ha chiesto aiuto al sindacato.
“La normativa sulle modalità di ingresso in Italia per motivi di lavoro - osserva Maurizio Bove, responsabile immigrazione della Cisl di Milano - è inadeguata e ancora troppo farraginosa, anche per i lavoratori qualificati. L’azienda ha richiesto il nulla-osta per l’assunzione del dr. Kasouha ad agosto del 2014 e soltanto ora ha potuto formalizzare il tutto. Per completare l’iter ci sono voluti quasi 16 mesi e siamo giunti alla fine solo grazie alla collaborazione di Questura e Prefettura. In un mondo del lavoro che corre velocemente è impensabile dovere aspettare tanto. E’ ingiusto verso l’azienda e il lavoratore. Non ci dobbiamo allora stupire se i lavoratori stranieri qualificati scelgono di andare in altri Paesi europei o molte aziende desistono dalla ricerca. Anche la nostra cultura, che vuole lo straniero adatto solo a lavori manuali o che gli italiani non vogliono più fare, non aiuta di sicuro”.
Nel 2015 in Italia sono state richieste 479 “Carte Blu Ue”, a fronte di 235 effettivamente rilasciate. Il 36,3% dei “via libera” è arrivato in Lombardia. Le complicazioni sono legate soprattutto al riconoscimento dei titoli di studio, all’eccesso di burocrazia e all’opacità delle norme.