Le foibe, i massacri, l'esodo del 1947 da una sponda all'altra dell'Adriatico. Poesia e commozione per la rappresentazione riuscita del cantautore romano.
Se consideriamo che il giorno della memoria per le vittime delle foibe è stato istituito solo 10 anni fa, ci si rende già conto di quanto si deve ancora fare in Italia per ricucire la ferita dell'esodo del 1947 dei tanti italiani che sfuggivano al dominio jugoslavo di Tito. E lo sa bene Simone Cristicchi, il vincitore del Sanremo 2007 con la poetica Ti Regalerò Una Rosa, che già lasciava intravedere interesse per l'impegno nell'arte del cantautore romano. Di un'altra epoca e di un'altra regione (è romano e non ancora 40enne) Cristicchi con Magazzino 18 però si conferma un grande artista.
Perché anzitutto ha avuto il coraggio di accostarsi in punta di piedi e con la leggerezza della poesia a un dramma epocale ancora per molti aspetti sottaciuto. 350Mila italiani che abbandonano la loro terra in seguito al trattato di pace che consegnava territori italiani come Istria, Fiume, Pola a un'altra nazione è un qualcosa di davvero inimmaginabile secondo i canoni attuali.
Veder rappresentato questa deportazione volontaria su un palco, tra canzoni, monologhi e una regia essenziale ma a effetto del maestro Antonio Calenda è un'emozione che andrebbe vissuta al di là delle intenzioni didascaliche del progetto. Che poi non guastano più di tanto, essendo l'argomento poco conosciuto e necessariamente accompagnato da riferimenti storici che servono a sviscerarne l'intensità.
Cristicchi si è trovato a Trieste, precisamente al magazzino 18 del porto del capoluogo al confine, e si è fatto delle domande, come qualsiasi cittadino dotato di sensibilità si sarebbe posto. Ha chiesto aiuto al bravo giornalista Jan Bernas (che ha già scritto “Ci chiamavano fascisti, eravamo solo italiani”, un punto di vista che ricorre anche in questo testo).
A poco servono (o comunque poco aggiungono) le polemiche che troverete in rete circa la “parzialità” della narrazione che il cantante fa della tragedia dalmata. Gli italiani costretti a lasciare la loro terra per un cambio di confine non richiesto sono rappresentati attraverso suggestioni e ricordi, a partire dagli oggetti che hanno lasciato al porto proprio in attesa di andare verso l'altra sponda dell'Adriatico. A giudicare dall'inaspettata standing ovation in sala a Milano per la prima dello spettacolo, il testo centra mente e cuore. Forse perché noi italiani non lo sappiamo ancora, ma Magazzino 18 è la nostra Ellis Island. Potrebbe risultarlo, per l'immobilismo storico in cui sono ammassati i ricordi fisici dell'esodo in cui si muove anche sulla scena proprio Cristicchi. Però non dimentichiamoci che lo spostamento fratturò per decenni un pezzo di italiani che andavano a occupare in baracche altre città. E non dimentichiamoci nemmeno di quello che sta succedendo oggi con profughi che arrivano da noi da altre latitudini. La commozione del pubblico al calar del sipario, è indubbiamente dettata anche dal conflitto interno che viviamo in questi anni difficili.
Fino al 7 dicembre al Teatro Carcano di Milano
prossime date: Pescara, Teatro Massimo 30 gennaio 2015 e Torino, Teatro Colosseo il 19 febbraio.