STRANIERI
Reato di clandestinità: qualche puntualizzazione

Maurizio Bove, responsabile del Dipartimento Politiche migratorie della Cisl milanese, spiega il provvedimento, al di là delle strumentalizzazioni di pro e contro.

Si è parlato molto in questi giorni dell'abolizione del cosiddetto reato di clandestinità e, come ogni volta che la politica affronta le questioni inerenti a temi scottanti come l'immigrazione, si è scatenato il solito scontro tra favorevoli e detrattori.

Ora che le acque paiono essersi calmate, peraltro con la stessa velocità con le quali si erano increspate, vale forse la pena di entrare un po' più nel merito della questione, facendo chiarezza e sgomberando il campo da luoghi comuni e false illusioni.

Innanzitutto, va sottolineato che il cammino che porterà alla definitiva abrogazione dell'articolo 10 bis del Testo Unico sull'Immigrazione è ancora molto lungo: il Parlamento ha infatti approvato una Legge delega con la quale ha incaricato il Governo di trasformare, entro 18 mesi, il reato di ingresso e soggiorno illegale nel nostro Paese in un semplice illecito amministrativo.

Bisogna quindi aspettare la fine del 2015 per vedere finalmente alleggeriti i tribunali da migliaia di processi che in questi anni sono soltanto serviti ad ingolfare gli uffici giudiziari: lungi dall'innalzare chissà quale argine nei confronti dell'immigrazione clandestina, la criminalizzazione di chi entra in Italia senza visto, introdotta dalla Lega e dal Popolo delle Libertà nel 2009, ha infatti prodotto come unico risultato il fatto di impegnare giudici e magistrati nel comminare un numero imprecisato di sanzioni amministrative che non hanno avuto ovviamente alcun effetto dissuasivo.

In secondo luogo,è bene chiarire che la futura depenalizzazione riguarderà soltanto il primo ingresso: nei confronti di chi verrà trovato in Italia senza regolare permesso di soggiorno, cioè, scatterà comunque il decreto di espulsione, il cosiddetto voglio di via, e chi non vi ottempererà, rimanendo nel nostro Paese o rientrandovi senza autorizzazione, incorrerà nuovamente nel reato di immigrazione clandestina.

Si tratta, pertanto, né più né meno, di un ritorno all'originaria formulazione di quanto era già previsto in merito dalla Legge Bossi Fini, prima delle modifiche introdotte dal Pacchetto Sicurezza, che il governo ha ora deciso di abrogare.

Un provvedimento doveroso, certo, che noi stessi abbiamo sollecitato più volte, ma che ancora una volta non affronta di petto l'esigenza di rivedere in maniera strutturale una normativa in materia di immigrazione ormai anacronistica ed inefficace, sia nell'arginare il flusso di coloro che aspirano ad entrare in Italia, o negli altri Paesi Europei, sia e soprattutto nel facilitare i processi di costruzione di una società realmente multiculturale.

Come sosteniamo da tempo, infatti, è necessario innanzitutto prevedere nuovi meccanismi normativi che, superando la logica degli annuali “decreti flussi”, e delle periodiche sanatorie che hanno prodotto come unico risultato, siano realmente in grado di regolamentare l'ingresso di chi vuole trovare lavoro nel nostro Paese: è bene infatti dirsi chiaramente, una volta per tutte, che è l'inefficacia della nostra normativa a produrre irregolarità.

Lungi dall'essere ancora costretti a fingere di “chiamare” dall'estero un dipendente che in realtà, nella maggior parte dei casi, si trova già qui, i datori di lavoro e le famiglie devono quindi poter assumere, magari attraverso la reintroduzione dell'”invito per ricerca di occupazione”, anche chi è entrato in Italia senza uno specifico visto per motivi di lavoro. Allo stesso tempo, se davvero vogliamo finalmente contrastare la piaga del sommerso, chi viene impiegato in nero deve avere la possibilità di “emergere” in qualsiasi momento, senza il timore di essere conseguentemente espulso perchè privo di permesso di soggiorno.

Ma non basta: una buona normativa in materia di immigrazione non può concentrarsi unicamente sui nuovi ingressi: resta quindi da mettere mano a tutto il capitolo, finora mai realmente affrontato, dell”integrazione” di coloro che già vivono nel nostro Paese,  prendendo coscienza della nuova composizione della nostra società e creando le condizioni per costruire nel concreto l'Italia di domani.

Maurizio Bove

CISL Milano Metropoli - Dipartimento Politiche Migratorie
Presidente ANOLF Milano

10/04/2014
Twitter Facebook