Con Don Giovanni e Skianto, l’attore umbro è il protagonista della programmazione primaverile. Ovazioni da rockstar e scrittura impegnata.
Si sa che è dissacrante, istrionico, sfrontato, geniale. Ma Filippo Timi, il 40enne che piace a mamme e figlie di tutta Italia, pur non essendo ancora arrivato ai premi dell’establishment, è da qualche tempo di casa a Milano e non solo nel senso “domestico” del termine.
Ha trovato nella produzione del Teatro Franco Parenti un valido alleato, soprattutto nella persona di Andrée Ruth Shammah che entusiasticamente asseconda le sue iperboli da palcoscenico.
«Lo faccio perché rende in termini di biglietti staccati – confessa la produttrice – e anche perché credo che non sia ordinario il suo talento. È un attore completo che non si mette in grigio quando è sul palco. Filippo abbraccia la platea e la interiorizza».
INCONTRO – L’occasione dell’incontro con Job è per la presentazione del suo nuovo spettacolo Skianto, di cui Timi è regista e unico interprete, accompagnato solo da Andrea Di Donna alla chitarra e Dennis Barcia. In realtà dello show non rivela molto se non i costumi del fido Fabio Zambernardi (“esagerati” dice) e la locandina. Ecco da lì parte un approfondimento narcisistico-stilistico che è tipico del teatro (e del personaggio) Timi che in qualche modo, egocentrico e ridondante nel percorso, attrae, affascina. Si resta decisamente ammaliati. Timi non fa altro che parlare di se, lo fa dai tempi della rilettura spassosa a modo suo dell’Amleto, che sempre al Parenti mieteva consensi a valanga, qualche stagione fa. In Skianto, spiega, «raggiungo quel livello di sincerità che ho sempre cercato in teatro ma l’ho fatto fare ai miei personaggi. Ora riparto da me, ho 40 anni quest’anno e sono pronto a mettermi in gioco, a stappare tutto quello che ho dentro. Skianto, con la k, prooprio come si usava negli anni 80, racconta di un ragazzino di provincia che teneva tutto dentro e che improvvisamente si fa conoscere. Ho sempre pensato che una cugina che aveva problemi di espressione, sapesse cosa le stava succedendo intorno. Ecco, questa incomunicabilità apparente volevo esplorare». Progetto ambizioso, decisamente, anche perché la direttrice del teatro sottolinea «che non si vedrà un Timi in giacca, ma versatile, a tutto tondo e soprattutto in grado di far cambiare davvero la vita alle persone che lo vanno a vedere. Perché io stessa dopo aver visto delle scene, ho pensato cose in maniera diversa». Timi annuisce e accenna a un «che bel complimento». Si può solo pensare che non ci sarà solo da ridere questa volta, ma anche andare un p’ più in profondità, a scavare nel passato di chi di un handicap ha fatto un’arma per aprire le porte di un mestiere (la balbuzie in teatro, per dirla breve). «Dopo stagioni e stagioni di Don Giovanni mi sono dato ai sentimenti con questo testo. E dal vivo vedrete anche un’emozionante video di gattini».
DON GIOVANNI – Ci mette tutto il suo immaginario, Filippo Timi, il suo retaggio pop che a tratti richiama i corto circuiti paradossali della comicità del trio Marchesini-Solenghi-Lopez degli inizi. Skianto sarà al Parenti dal 25 marzo al 6 aprile. Mentre, visto che il suo Don Giovanni è stato applaudito da oltre 50.000 spettatori in tutta Italia, lo spettacolo torna a Milano dal 25 febbraio al 9 marzo. Ecco come l’attore descrive il suo personaggio: «Don Giovanni conosce la sua fine, è solo questione di rincorsa. Don Giovanni non brucia mai veramente, desidera bruciare, promette l’inferno, la sua arte è teatrale, recita così bene la promessa che è impossibile non credergli o ancora meglio non desiderare credergli. Donna Elvira è il passato, è la conquista difficile, la conquista di un tempo lento, l’amore vero, la prima donna, l’amore che torna a chiedere il compenso di una promessa già fatta. Donna Anna è l’amore ingannatore, violento, un errore semi-calcolato, è l’amore che libera dal vecchio incubo e rende la donna libera di scendere verso un incubo ancora più cosciente, è l’amore compulsivo, immediato, sbagliato per definizione. Zerlina è l’improvvisazione, la dialettica della seduzione, è l’amore invidioso, la voglia di portare via la donna al marito, il desiderio di ritrovare quella purezza semplice di sposare la figlia del farmacista. Ognuno ha la sua storia, io la mia, tu la tua, voi la vostra e Don Giovanni ha la sua. Non l’ha scelto lui di nascere Mito, gli è capitato e lui non si sottrae dall’essere se stesso. Ecco in cosa è grande. Non perché accetta la morte, deve per forza, come tutti. È grande perché accetta a pieno le conseguenze, inevitabili, dell’essere nient’altro che se stesso».