A fronte di 139.937 aziende ispezionate, a risultare irregolari sono state 75.087, con un riflesso sui lavoratori, riscontrati irregolari, pari a 163.305 soggetti,
Con la pubblicazione del Rapporto annuale sull’attività di vigilanza in materia di lavoro e previdenziale, relativo all’anno 2012, si viene ad avere contezza, in modo più preciso e mirato, della situazione drammatica che le aziende, ma ancor più il complessivo mondo del lavoro, sta vivendo.
Registrando, di riflesso, la crisi che colpisce anche le istituzioni, dovendo rilevare che già solo nelle parole di presentazione del Rapporto, il direttore generale esprime, facendo emergere tutta la difficoltà di poter svolgere un lavoro di vigilanza adeguato e capillare a fronte di ridotte risorse economiche a disposizione e, di conseguenza, umane, i dati che fotografano la situazione sono preoccupanti. Analizzando solo i risultati dell’attività svolta dagli ispettori del lavoro (e quindi non considerando la vigilanza operata dal personale INPS e INAIL), a fronte di 139.937 aziende ispezionate, a risultare irregolari sono state 75.087, con un riflesso sui lavoratori, riscontrati irregolari, pari a 163.305 soggetti, ai quali vanno sommati i 47.877 casi di lavoratori riscontrati totalmente in nero. Non sottovalutando, ancora, le parole del direttore generale riportate nella presentazione del Rapporto annuale, riferite alla necessità di dover operare da parte degli ispettori del lavoro, viste le ristrettezze economiche a disposizione, solo svolgendo interventi di contrasto nei riguardi dei fenomeni di irregolarità sostanziale (affermazione che dovrebbe essere approfondita, visto che in molti casi anche le irregolarità documentali rappresentano, in concreto, irregolarità di sostanza), un dato importante a corredo, di quelli dapprima indicati, ci offre un quadro chiarificativo sulle assunzioni avvenute nel 2012.
Dal 1 gennaio 2012 al 30 settembre, dello stesso anno, a fronte della stipula di 1.369.593 di contratti a tempo indeterminato, sono stati siglati un numero di 4.983.964 contratti a tempo determinato, 623.507 contratti di collaborazione (co.co.co e co.co.pro), 219.230 contratti di apprendistato.
L'ANALISI DEI CONTRATTI DETERMINATI E INDETERMINATI
A ben vedere, il rapporto tra i contratti a tempo indeterminato e quelli afferenti al più ampio raggruppamento dei contratti di natura flessibile è senz’altro fortemente squilibrato, ma l’analisi negativa che ne emerge, non è tanto data (solo) dal fatto che i contratti di natura flessibile non offrono alcuna garanzia di continuità e, pertanto, di stabilità di vita, ma soprattutto, piaga ancor più evidente nel nostro Paese, che non vi è un mercato del lavoro altamente dinamico che possa ovviare alla flessibilità dei contratti, con la più ampia opportunità di impiego; elemento quest’ultimo maggiormente garantito, invece, ancora negli altri paesi dell’unione europea dove, a fronte di una condizione diffusa di riduzione evidente di contratti a tempo indeterminato, permane un’offerta significativa di contratti di natura flessibile, dando così la possibilità ai lavoratori di poter (pur passando da un contratto all’altro), svolgere in continuità nel tempo la propria attività lavorativa, riducendo i tempi di disoccupazione. I settori merceologici per i quali si registra una ripresa in termini di occupazione sono i servizi (da intendere come settori del commercio, alberghi e ristoranti, trasporti, sanità, assistenza alle persone...); agricoltura; industria (tra cui edilizia).
Sul piano dell’occupazione, analizzata secondo un criterio di genere, a fronte di un numero di 3.990.158 uomini, impiegati prevalentemente nei settori merceologici, quali: servizi, industria e agricoltura, sono state circa 3.940.410 le donne che hanno stipulato un contratto di lavoro, impegnandosi nei settori dei servizi, per quasi la totalità dei contratti e, in minor numero, nell’agricoltura e nell’industria.
Analizzando i dati delle ispezione realizzate, emerge in modo evidente come una azienda su due sia risultata in situazione di irregolarità, concentrandosi maggiormente nel settore dell’edilizia e nelle regioni del nord, con al primo posto l’Emilia Romagna, al secondo la Lombardia e al quarto il Piemonte, con invece la Puglia, quale prima regione del sud, risultata tra le più irregolari, che si colloca al terzo posto della classifica generale. Dovendo considerare il dato più preoccupante relativo al numero dei lavoratori licenziati nel 2012, pari a circa 2700 persone al giorno (visto il numero complessivo di 1.027.462), non meno drammatiche sono le ragioni delle irregolarità riscontrate dagli ispettori del ministero del lavoro e delle politiche sociali. Risultando, difatti, l’elusione contributiva, quale illecito di maggior frequenza tra quelli riscontrati, emerge con forza la preoccupazione che, a fronte dei casi di licenziamento o di disoccupazione (da leggersi nella sua duplice accezione, che considera anche il dato della inoccupazione ), occorre non trascurare tutti quei lavoratori che, pur risultando occupati, sono tenuti in condizioni di lavoro non regolari e, pertanto, di estrema precarietà che, in molti casi, di traduce in forme di schiavitù, determinate dall’assoggettamento a qualsiasi condizione di lavoro, in cambio di occupazione. Elementi questi che, nell’ambito dei numeri riferiti all’occupazione femminile, hanno spesso una rilevanza maggiore, in quanto le condizioni di lavoro alle quali molte donne vengono costrette a lavorare sono all’insegna dell’assoluta negazione di ogni diritto di tutela, di rispetto e dignità delle pari opportunità e, non meno di frequente, del primario diritto al rispetto della propria salute e sicurezza sul lavoro. Se l’elusione contributiva è l’illecito più ricorrente, non meno frequenti, considerati i dati complessivi delle irregolarità, sono le violazioni relative alla disciplina dell’orario di lavoro e dello sfruttamento delle categorie dei soggetti svantaggiati, tra cui, il lavoro minorile, il lavoro degli appartenenti alle categorie protette (disabili), l’impiego di lavoratori clandestini (in quanto privi di permesso di soggiorno). Considerato che nella maggior parte dei rilievi effettuati, le tipologie di irregolarità riscontrate determinano mere sanzioni di natura pecuniaria, un contributo importante in questi ultimi anni sembra averlo concretamente offerto l’introduzione del precetto regolato all’art.14, del DLSG 81/08 s.m., mediante il quale è stata prevista la possibilità da parte degli ispettori di sospendere l’attività lavorativa in caso di presenza di lavoro totalmente sommerso.
IL SOMMERSO NEI RAPPORTI DI LAVORO
Incrementato nel numero, in confronto ai dati del 2011, nell’anno scorso sono stati 8.388 i casi aziendali nei riguardi dei quali è stato disposto la sospensione dell’attività lavorativa proprio a seguito di riscontro di rapporti di lavoro tenuti totalmente sommersi. Ricordando che l’intervento interdittivo dell’attività scatta solo a seguito di presenza di lavoratori in nero, in una percentuale pari o superiore al 20% della forza lavoro, presente sul luogo di lavoro al momento dell’ispezione, è quanto mai importante il numero delle aziende, dapprima richiamato, per le quali è stata disposta la sospensione dell’attività, visto che andrà moltiplicato per le persone che in queste svolgevano la propria attività lavorativa. Se il 20% è la soglia indicata dal legislatore per far scattare il procedimento di sospensione dell’attività, in caso di lavoratori in nero, è determinante venire a conoscere, dai dati del Rapporto sull’attività di vigilanza, che nelle aziende nelle quali è stata prevista la sospensione, la percentuale di lavoratori occupati in nero è intorno al 56%, quindi molto oltre (superiore al doppio) a quanto previsto dalla normativa vigente. I settori merceologici più interessati da tali interventi interdittivi sono i pubblici esercizi, l’edilizia e il commercio. Settori nei quali (purtroppo per i dati negativi, ma) per fortuna, ad oggi, si occupa ancora un numero significativo di persone, a scolarità medio-bassa, e con un’età non sempre appartenente alle fasce più giovani, tenuto conto dell’altra piaga crescente relativa alla ricerca di lavoro in età molto avanzata (i dati parlano della crescita degli over 65 anni). Nota positiva, nel quadro dei dati in ultimo tracciati, le molte revoche della sospensione dell’attività (pari ad una percentuale dell’83% circa, delle aziende interessate) per avvenuta regolarizzazione delle posizioni lavorative dei soggetti trovati in nero.
Riferendoci, infine, all’azione di vigilanza svolta da parte degli ispettori del ministero del lavoro, sui temi della tutela della salute e sicurezza sul lavoro (concentrata nell’ambito dei cantieri edili), è significativo riscontrare che la percentuale delle aziende nelle quali sono stati registrate irregolarità si aggira intorno al 78% di quelle visitate, con una concentrazione negli illeciti inerenti il pericolo di caduta dall’alto, il rischio da investimento e seppellimento, così come quello elettrico, fino ad arrivare alla mancanza di adeguata sorveglianza sanitaria dei lavoratori e della sufficiente e specifica attività di info-formazione; aspetti questi che si riflettono, purtroppo, in modo specchiato nelle cause di infortunio, grave e mortale, che colpiscono il settore dell’edilizia in modo quotidiano e costante nel tempo, determinando una percentuale di incidenti sul lavoro ancora significativamente alta, pur a fronte di primi concreti segnali di riduzione (anche al netto della diminuzione delle ore lavorate a causa della crisi economica che interessa il settore, così come anche l’intero sistema produttivo del nostro Paese).