Le nuove regole di qualificazione per la figura del formatore in materia di salute e sicurezza sul lavoro: (non) per tutti positive...
Tecnicamente indicata quale «clausola di salvaguardia», nel testo del decreto interministeriale del 6 marzo 2013, in merito ai criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza sul lavoro, la disposizione introdotta tradisce nel contenuto tale denominazione, rappresentando proprio per i lavoratori (almeno per alcuni), non una regola di salvaguardia, ma una condizione di ineguale diritto alla tutela e di potenziale maggior esposizione a rischio. Nel decreto interministeriale, di cui ne è stato dato avviso pubblico in Gazzetta Ufficiale il 18 marzo 2013, n.65, ma che ricordiamo entrerà ufficialmente in vigore solo fra 12 mesi (il 18 aprile 2014), le molte novità introdotte sono state salutate con estremo favore nel circuito della prevenzione, rappresentando quell’intervento necessario importante di regolamentazione di un cardine fondamentale della tutela della salute e sicurezza sul lavoro: la formazione e, in particolare, la qualificazione dei docenti. Proprio in questo senso, all’interno del quadro delle disposizioni introdotte – articolate per la prima volta al fine concreto di delineare figure di formatori specifici, per la materia prevenzionale, titolari di minime, ma puntuali, conoscenze, competenze (tra cui l’esperienza) e capacità didattiche – è stata concessa una deroga al possesso dei requisiti richiesti che, se comprensibile sul piano concettuale, si dimostra insostenibile sul piano della coerenza, sia nel poterla considerare una concreta “salvaguardia” per tutti, sia per la controtendenza che crea nei riguardi dell’innalzamento generale della qualità dei formatori. La questione che doveva essere risolta, all’interno del decreto interministeriale, era legata alla gestione dell’inserimento dell’obbligo del possesso, per i formatori in materia di salute e sicurezza, del pre-requisito del titolo di studio («diploma di scuola secondaria di secondo grado»). Dovendo considerare che alcuni formatori, che a oggi svolgono tale ruolo, non sono possessori del titolo di studio richiesto, ma al contempo, valutata la natura del pre-requisito, nei riguardi del quale è evidente l’impossibilità del conseguimento nel tempo (visto il superamento dell’età scolastica), il legislatore è intervenuto introducendo la così detta, «clausola di salvaguardia», andando a regolare la sanatoria per tali soggetti.
I FORMATORI NON TITOLARI DEI PRE-REQUISITI
Indicando nella data di pubblicazione del decreto interministeriale la linea di demarcazione per poter far valere la salvaguardia per i formatori (in attività), non titolari del prerequisito, è stato disposto che, dimostrando da parte di quest’ultimi il possesso di almeno uno dei sei criteri delineati dal decreto e rispettando l’obbligo di aggiornamento triennale, la mancanza del pre-requisito potesse essere ammessa. In questo caso è evidente come la deroga concessa dal legislatore, opera nell’esclusivo favore nei riguardi dei formatori che, pur svolgendo ad oggi l’attività di docenza, non potrebbero in futuro proseguire, penalizzati dall’inserimento di nuove regole che, andando a migliorare la qualità della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, andrebbero a sacrificare la tanta esperienza e competenza di questi formatori, oggi nel pieno dello svolgimento del ruolo, impossibilitati a mettersi al passo con le nuove disposizioni. Ma se tale clausola è condivisibile, anche considerando gli effetti, circoscrivibili alle sole stesse figure che ne beneficiano, è la delineazione di tale clausola anche nei confronti dei datori di lavoro, ancor più considerando l’estensione delle regole, che porta a solleva non poche perplessità, se non critiche e dubbi di legittimità. E’ stato previsto che, nel caso siano datori di lavoro coloro i quali, non in possesso del titolo di studio, intendano svolgere la funzione di formatori in materia di salute e sicurezza, lo possano fare (per un tempo molto ampio, pari a 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto, e cioè dal 18 aprile 2014), non solo in mancanza del diploma, ma anche di almeno uno dei criteri delineati dal decreto (e richiesti agli altri formatori, quale condizione minima dettata dalla clausola di salvaguardia), a fronte di due elementi indispensabili: – il possesso dell’attestato di frequenza al corso di formazione per datori di lavoro che intendono svolgere le funzioni del servizio di prevenzione e protezione (ex art.34, del DLGS 82/08 s.m.); – l’attività di formatori svolta nei riguardi dei soli propri lavoratori. Se nei riguardi del primo requisito, i dubbi si concentrano sulla correlazione che possa mai avere un percorso formativo come quello previsto dall’art.34, con l’acquisizione degli elementi necessari richiesti per poter svolgere in modo adeguato ed efficace il ruolo di formatore (vedi ad esempio, la capacità didattica), è sul secondo requisito che sorgono le contrarietà.
Ci si chiede, infatti, se possa considerarsi ammissibile poter concedere una tale clausola di “salvaguardia” ai datori di lavoro, facendo, di riflesso, ricadere gli effetti delle loro eventuali mancanze (dal punto di vista della qualità offerta nello svolgimento del ruolo di formatori), nei confronti dei (soli) propri lavoratori. Considerato che i contenuti del corso di formazione, previsto ai sensi dell’art.34, non sono finalizzati al preparare figure in grado di svolgere il ruolo di formatori-docenti, senza considerare la minima quantità di ore che questi corsi prevedono (che per i datori di lavoro di aziende a rischio alto, arrivano a sole 48 ore complessive), il delinearsi di una illegittimità, nei riguardi di tale disposizione, ai sensi del diritto all’eguaglianza e alla pari dignità di tutela per tutti i lavoratori, è del tutto evidente. Non si esclude, difatti, a tale riguardo che vi possano essere i termini per giungere ad una denuncia alla corte di giustizia europea, della quale il sindacato dovrebbe farsi, senz’altro, primo firmatario, nel caso non si dovessero determinare le condizioni per poter, in tempi brevi, andare a modificare tale inaccettabile clausola.