NOVITA'
La Londra degli italiani

Il volume edito da Ariberti (15 euro) è la storia dell’emigrazione italiana verso l’Inghilterra, raccontata da un piacevole (nel senso che si legge bene) e documentato libro di Alessandro Forte.

Il rapporto tra Londra e l’Italia, o meglio gli italiani, è molto stretto. La capitale inglese è stata nei secoli ed è ancora oggi meta di emigrazione per moltissimi connazionali. Storie diverse, che hanno in comune il desiderio di una vita migliore. Come quelle di chi, in epoca vittoriana, cercava di scappare dalla miseria delle campagne calabresi, siciliane, campane (ma anche emiliane e lombarde); o di chi, ai giorni nostri, è convinto di poter trovare al di là della Manica l’opportunità di far valere il proprio talento (i famosi “cervelli in fuga”), imprigionato in patria da mille lacci e lacciuoli (medici, ricercatori, esperti di finanza…). L’epopea (chiamiamola così, con un po’ di enfasi) dell’emigrazione italiana verso l’Inghilterra è raccontata da un piacevole (nel senso che si legge bene) e documentato libro di Alessandro Forte, “bocconiano” trapiantato con soddisfazione nella City, dove lavora per una banca d’affari americana: “La Londra degli italiani” (Aliberti, 15 euro). Il volume prende in esame gli ultimi due secoli, perché è solo dall’Ottocento, quando l’Italia non era nemmeno una Nazione, che si registra un fenomeno migratorio di una certa consistenza. Da allora abbiamo esportato braccia, inventiva, creatività, voglia di fare. Contadini, operai e artigiani, disposti a lavorare duro e a fare mestieri che gli inglesi rifiutavano (la storia ritorna…), con la speranza di mettere insieme un “gruzzoletto” per comprare un pezzo di terra “al paese” natio (ma saranno più numerosi quelli che non torneranno indietro). E poi uomini politici (come Giuseppe Mazzini), poeti e scrittori (Ugo Foscolo), scienziati (Guglielmo Marconi, che non fu preso sul serio in patria e che, tra l’altro, è uno dei “padri” della celeberrima Bbc). Ma anche musicisti (Anthony Pappano, direttore della Royal Opera House del Covent Garden), ristoratori e gestori di locali e alberghi (Carmine Forte, che ha costruito un impero con i più lussuosi hotel del mondo), uomini di cultura (Antonio Panizzi, “carbonaro” emiliano, che ha fatto della biblioteca del British Museum la più importante del Regno).

UNA STORIA, TANTE STORIE...

Il libro è ricco di storie curiose (chi sapeva che sono stati gli italiani a far conoscere il gelato agli inglesi, vendendolo per le strade a un penny?), ma non dimentica di raccontare anche gli episodi più negativi della nostra emigrazione: come la tratta ottocentesca dei bambini, venduti dalle famiglie a uomini senza scrupoli e mandati a mendicare nei quartieri; o la dura parentesi della seconda guerra mondiale, che ci trasformò da amici in nemici, con il paradosso di vedere anche molti antifascisti rifugiatisi a Londra, finire deportati all’isola di Man o in Australia, a seguito dell’”arrestateli tutti” (gli italiani) ordinato da Winston Churchill; o infine la triste vicenda degli emigranti del “buco”, migliaia di giovani connazionali vittime dell’eroina, che negli anni ’80 del Novecento andavano a Londra per cercare di cambiare vita o, alla peggio, farsi assistere dal generoso ed efficiente sistema socio-sanitario britannico. Luci e ombre, insomma. Ma più luci che ombre. Come quelle dello strabiliante “The Shard”, il grattacielo progettato da Renzo Piano, inaugurato a luglio, che con i suoi 310 metri (che ne fanno il più alto d’Europa) domina la città.

11/09/2012
Mauro Cereda - info@jobedi.it
Twitter Facebook