UGUSTO CAVADI
Il Dio dei leghisti

Si può essere cattolici e votare Lega? Con un rito celtico per i matrimoni, con l'adorazione del Po, prima al grido di Pontida poi adepti alla dottrina della Sacra Romana Chiesa. Il Carroccio  si serva strumentalmente del “fattore religione” per raggiungere i suoi obiettivi?

Il Dio dei leghisti

Augusto Cavadi

San Paolo, 14 euro

C’è stato un tempo in cui i leghisti adoravano il Dio Po, se la prendevano con i “vescovoni” di Roma e si sposavano con un fantasioso (almeno quanto i confini della Padania) “rito celtico”. Sono, infatti, passate alla storia (si fa per dire) della politica italiana le immagini delle nozze dell’attuale coordinatore lumbard Roberto Calderoli, celebrate in veste di “druido” (con tanto di sidro benaugurante) dall’ex sindaco di Milano, Marco Formentini. Era la fine degli anni 90, ma sembra passata un’era geologica. Oggi, gettato in un armadio tutto l’armamentario di elmi con le corna, spadoni e barbe finte (salvo tirarlo fuori alla bisogna, quando c’è da eccitare il “popolo” a Pontida), la dirigenza leghista si è convertita alla fede cattolica, fino a trasformare il partito in un baluardo della dottrina di Sacra Romana Chiesa o, meglio ancora, in un argine contro la temuta (e presunta) invasione islamica della Penisola.

E’ vero, ancora oggi Umberto Bossi raduna i suoi tutti gli anni sul Monviso per raccogliere le acque del Grande Fiume, ma il rito ha perso la connotazione religiosa di una volta (il Po, evidentemente, non è più un Dio). Ora l’unica vera fede dei “padani” è quella cattolica: da qui le battaglie per mettere il crocifisso in tutti i luoghi pubblici o la crociata contro l’apertura di spazi di culto per i musulmani. Crociata, quest’ultima, che a volte assume risvolti tragicomici. Come non ricordare, al riguardo, ancora l’ineffabile Calderoli che porta a spasso un maiale su un terreno su cui dovrebbe sorgere una moschea, così da renderlo “impuro”? O l’ordinanza di quel sindaco del bresciano che vietava ai musulmani di avvicinarsi a meno di 15 metri dalla chiesa del paese? E si potrebbe continuare con gli esempi. Pazienza se molti (moltissimi) sacerdoti e porporati la pensano diversamente: sono loro in errore. Sono loro che interpretano male il Vangelo. Ovvio. Non a caso la Padania arrivò a chiedersi se l’ex arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, colpevole di essere favorevole al dialogo interreligioso, fosse un “cardinale o un iman” (l’astio verso Tettamanzi è rimasto tale che i consiglieri comunali del Carroccio sono stati gli unici a non votare l’assegnazione dell’Ambrogino d’oro, la massima onorificenza della città, a suo favore). Il rapporto tra i lumbard e la fede è ora al centro di un bel libro di Augusto Cavadi: “Il Dio dei leghisti” (Edizioni San Paolo, 14 euro). L’autore, che aveva già pubblicato un significativo “Il Dio dei mafiosi”, come recita il sottotitolo si pone una domanda secca: “Si può essere cattolici e votare Lega?”. La risposta è si e no. Si perché è ciò che avviene nella realtà.

E’ indubbio che molti fedeli nel segreto delle urne facciano la croce sul simbolo di Alberto da Giussano (secondo le statistiche il 39% degli elettori leghisti si dichiara cattolico praticante). Non a caso, in questi anni Bossi ha fatto man bassa di voti in regioni tradizionalmente “bianche” come la Lombardia e il Veneto. La Lega, in queste aree, ponendosi anche come vera rappresentante dei valori della tradizione cattolica (soprattutto quella pre-conciliare), ha saputo intercettare una bella fetta dei consensi che un tempo andavano alla Democrazia Cristiana. Com’è stato possibile? Come fa un credente a riconoscersi nell’ex sindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini, che vorrebbe  travestire gli immigrati da “leprotti” per impallinarli? O nell’eurodeputato Mario Borghezio che dà del patriota al generale serbo Ratko Mladic (accusato di genocidio nella guerra della ex Jugoslavia), fraternizza con le maggiori formazioni di estrema destra d’Europa, dice che sono “condivisibili” le idee (filonaziste?) di Anders Behring Breivik, autore del massacro (69 vittime giovanissime) dell’isola norvegese di Utoya? Come fa un credente ad accettare certe dichiarazioni, come quella del parlamentare europeo Francesco Speroni secondo cui bisognerebbe sparare ai barconi carichi di immigrati, o del consigliere comunale di Albenga, tal Mauro Aicardi, che ha postato su Facebook un agghiacciante: per gli stranieri “servono i forni”? Per non parlare, poi, delle tante invettive (e iniziative) lanciate contro i “nemici” del nord e della razza padana: gli immigrati, ovviamente, (soprattutto i musulmani), ma anche i rom, i “terroni” e perfino i gay (detti “culattoni”).  Se dunque è nei fatti che si può essere leghisti e cattolici insieme, sembrerebbe che lo sia molto meno a livello, per così dire, teorico. Certe posizioni (xenofobe e discriminatorie), che sono nel dna e nella “pancia” della Lega, sono incompatibili con il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa. Questo è, punto.

Cavadi va al cuore della questione, approfondendo anche alcuni aspetti teologici-antropologici-culturali e dando qualche risposta sull’atteggiamento tenuto in questi anni dal clero (ai diversi livelli) nei confronti della Lega. L’idea di fondo, comunque, è che il Carroccio  si serva strumentalmente del “fattore religione” per raggiungere i suoi obiettivi. Il libro è interessante e si legge bene. E’ un viaggio nell’universo leghista, utile per capire cosa si agita nelle coscienze (e nelle tasche) di tanti fedeli-elettori. Che magari vanno a Messa alla domenica, ma quelli lì con la pelle nera non riescono proprio a sopportarli…

18/06/2012
Mauro Cereda
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